Yamato video

 
 

Profili/omaggi

Hayao Miyazaki - Prima parte

Ora che stringe in mano i premi più prestigiosi mai assegnati prima a un animatore (Orso d’oro 2002, Premio Oscar 2003, Leone d’Oro alla carriera e Osella d’oro nel 2005) Hayao Miyazaki può ritenersi un uomo realizzato (e più nervoso di prima), un uomo al top del successo. Ma forse non lo è come artista. Miyazaki è davvero al top come Artista oggi nella misura in cui ieri si schierava contro tutto e tutti contribuendo a realizzare opere orfane del consenso generale, in un duello perpetuo con il pubblico e con gli stilemi del mainstream animato (di cui ha fatto parte come ultimo ingranaggio di un meccanismo produttivo già sorpassato sul nascere). È un Artista quando decide di prendere parte alla prima regia dell’amico Isao Takahata, Taiyo no Oji – Hols no daiboken (1968). Diventa Artista (e regista) nell’attimo stesso in cui rilegge a modo suo il romanzo dello scrittore americano Alexander Key The incredible tide facendone una fortunata serie televisiva (Conan il ragazzo del futuro) che resterà nelle cronache per i costi inauditi e l’umiliante flop iniziale. E così via da Lupin III – Il castello di Cagliostro al più vicino capolavoro della striminzita filmografia.
Vuoi anche perché Miyazaki è giunto là dove nessun altro nome dei “nippocartoon” è mai arrivato. Al di là di ogni premio, questo regista è stato capace di digerire dinieghi e sconfitte (senza dimenticare l’umiliazione di dover insegnare il mestiere alle matricole di Tokyo Movie Shinsha nei primi anni ‘80) insistendo con la giusta parsimonia di idee e mezzi su una personale concezione di fantasia e animazione. A costo di apparire perfino ripetitivo. Ha accettato i compromessi con il mercato facendo di ToshioSuzuki, ex redattore del mensile Animage, l’unico giapponese a credere nella forza del suo immaginario, una sorta di alter ego che veste i panni di direttore di quello Studio Ghibli fondato nel 1986. In altre parole c’è sufficiente materia (e capitale) per veder trasformare il nome di questo animatore in un trademark alla stregua dell’arcinoto “Walt Disney Pictures presents”. E notate l’ironia: il marchio dello Studio Ghibli galleggiava beato sullo stesso “campo blu” del marchio disneyano.
Chissà se a Burbank, California, ci hanno fatto caso… 
 
Storie dal distretto di Bunkyo, Tokyo
Non fosse stato per l’azienda paterna in cui si producevano parti di aeroplano, forse oggi avremmo un sognatore in meno e un salaryman in più. Vista di sfuggita, anche per la confusione che regnava in Giappone nei primi anni ‘40, la vita di Hayao Miyazaki e la decisiva scelta di diventare un disegnatore è forte di una cospicua esperienza familiare che orientò il giovane verso il più colorito e bizzarro “fenomeno della cinematografia dell’Arcipelago”: il cinema animato. Come gran parte delle biografie d’artista, la storia dei suoi film non possono non prescindere dal dato biografico. Ad esempio: è vero che i manga di Tezuka letti nei primi anni di scuola dettarono in Miyazaki la voglia di cimentarsi con il disegno. Ed è altrettanto vero che film per l’epoca innovativi come Hakujaden (La leggenda del bianco serpente, 1958) accelerarono in maniera determinante la sua scelta.
Miyazaki nasce il 5 gennaio 1941 a Tokyo: il padre lavora nell’azienda del fratello e la madre soffre già di una malattia che segnerà tutta l’infanzia del regista. La famiglia Miyazaki non è stabile, girovaga per il Paese – anche per il timore delle incursioni aeree – ed è sostanzialmente benestante. Quando anni dopo uscirà dall’università Gakushuin con la laurea in Economia in mano, Hayao sa già dove andare in cerca di un’occupazione: alla Toei Doga, di cui sarà l’ultimo degli assunti. Parlare di Miyazaki significa parlare soprattutto di alcuni momenti storici diversi e conflittuali degli anime: la Golden Age di Toei, il boom delle serie televisive; la crisi personale nei tardi anni ‘70 fino alla consacrazione internazionale nell’ultimo margine di secolo. Scadenze epocali spesso segnate da una sua opera: Conan il ragazzo del futuro (1978) e il film Il castello di Cagliostro (1979) con il quale debutta nel cinema come regista. C’è Nausicaädella valle del vento (1984), capitolo fondamentale di svolta e c’è Princess Mononoke (1997), volta faccia di tutta la poetica del regista e grandioso campione d’incassi (12 miliardi yen), superato solo dai 26 miliardi di La città incantata(Sen to Chihiro no kamikakushi, 2001). Da questo momento il nome di Miyazaki, anziché saziare la sete di immaginario, ha banalmente stimolato la fantasia degli uffici stampa e della critica che gli ha appiccicato l’ingombrante etichetta di “Walt Disney d’Oriente”.
All’inizio c’è grande amore per la professione e man mano il suo ruolo impiegatizio di disegnatore sottopagato si amalgama alla conoscenza di maestri e mentori come Isao Takahata, Yasuo Otsuka, Yasuji Mori e Yoshifumi Kondo: persone che diventeranno i migliori amici e collaboratori. Tutte le notizie riguardanti la fine degli anni ‘60 e il decennio successivo non sono troppo confortanti. A scatenare il malcontento è la politica aziendale di Toei Doga, troppo presa a bruciare le tappe con troppe produzioni per il cinema e la televisione. L’alibi perfetto per convincere Miyazaki a traslocare da uno studio all’altro, rivendicando di continuo maggiore libertà espressiva e la necessità di riconoscere alla categoria degli animatori più diritti sindacali. È soprattutto questo clima di insoddisfazione a saldare la fiammeggiante esperienza professionale degli anni ‘80: esperienze che trasmettono l’idea di un Miyazaki con il giusto temperamento artistico ma l’animo pervaso da irritazione e risentimento.
 
Cinema, nuova vita
Il personaggio più riuscito della filmografia miyazakiana è il regista stesso. C’è qualcosa di affascinante nella personalità di questo ometto a procedere per la stessa strada, aiutato da un’intelligenza fuori dal comune e dalla prestanza intellettuale così chiaramente perfetta per il cinema animato. Molti sospettano che fuori di lì una vita live-action non sarebbe la stessa cosa. Di sicuro non gradisce l’accondiscendenza di tutta l’animazione giapponese. Miyazaki è convinto infatti che sia necessario lavorare per il pubblico, senza troppo autocompiacimento. E ammette di essersi fatto prendere la mano solo con Totoro e Porco Rosso. Il primo non incasserà molto al botteghino, recuperando con il merchandising; il secondo sarà invece campione di incassi e spedirà Miyazaki ad Annecy dove c’è un premio ad attenderlo.
Prima del successo la sua carriera viveva senza troppe speranze, un film dopo l’altro, e presto si sarebbe arreso alle esigenze di marketing e pubblicità per promuovere i suoi film. Dopo aver lavorato per Nippon Animation e per Tokyo Movie Shinsha (qualche sporadica regia, la serie televisiva Il fiuto di Sherlock Holmes subito abbandonata, senza dimenticare la volta in cui doveva collaborare al Little Nemo di Masami Hata), Hayao Miyazaki nei primi anni ‘80 ha smarrito il talento. O, forse più realisticamente, intendeva realizzare film lontani dalla mentalità del pubblico. Puntò tutto su Nausicaä della valle del vento (1984) soltanto perché Suzuki riuscì a placare l’accanimento dei produttori verso ogni sua idea barattandolo con l’innocente bugia che Nausicaä-manga tirava cifre a sei zeri. La convinzione delle potenzialità del regista e la determinazione ad agire nell’interesse di tutti, furono le carte che Suzuki giocò per sciogliere il pessimismo e i dubbi di Miyazaki: l’unico a non voler trasporre in animazione il suo fumetto.
La vicenda del suo primo film da regista, Lupin III – Il castello di Cagliostro, confermava quei dubbi. E confermava, dalla prospettiva degli spettatori, il tipo di cinema che aveva in mente: c’era ad esempio qualcosa nel carattere dei personaggi di Cagliostro completamente diverso dal solito. Così come poco plausibile era il generale travestimento fiabesco del film: il castello-fortezza, la principessa da salvare, un aristocratico cattivone, un tesoro nascosto e il nuovo profilo eroico di Lupin. Se poi Cagliostro è il capolavoro che sappiamo, questo dipende anche dal genio di Miyazaki. Nessun critico quando recensì il film era chiaramente a conoscenza della sua biografia artistica, né si accorse che Il castello di Cagliostro era quantomeno un arioso tentativo di mantenere vivo il ricordo dei vecchi classici Toei. In ogni caso nel 1984 Nausicaä modifica il corso di quella biografia e lascia affiorare in superficie l’ironia di Miyazaki giacché per realizzare la pellicola riunì attorno a sé quegli animatori che, come lui, erano fuggiti da Toei Doga. Non ultimo, Toru Hara il presidente dello Studio Topcraft al quale verrà affidata la direzione ad interim del Ghibli.
In Nausicaä è narrata, con un eufemistico ammorbidimento rispetto al manga originale, la storia di un pianeta Terra reso irriconoscibile dall’olocausto nucleare. Tutti i continenti sono ricoperti dal deserto e avvolto da piante venefiche. Alcune stirpi di uomini sono sopravvissute riparandosi in valli incontaminate; purtroppo la guerra e la sete di potere restano in agguato. A riportare un barlume di speranza per il futuro c’è una ragazza di nome Nausicaä, principessa della valle del vento, che ha la facoltà di ascoltare la voce delle creature viventi prodigandosi in mille modi per aiutare gli uomini e il suo mondo dalla catastrofe. Miyazaki non riuscì mai a capire che film fosse uscito fuori perchè le reazioni del pubblico e della critica erano così contrastanti da confonderlo. Il successo del film però convinse i titubanti produttori d’un tempo a volere un seguito della storia. Seguito che il regista non aveva intenzione di firmare, impegnato com’era a sognare nuove storie. 
 
Affari di famiglia
Laputa – Castello nel cielo(1986) nasce in quel clima un po’ confuso, molto euforico e poco rassicurante dal punto di vista della sicurezza economica. Si propone sulla scena la coppia di eroi bambini Pazu e Sheeta che ai fan ricordano moltissimo i protagonisti di Conan. Miyazaki ambienta la pellicola in un luogo senza nome né tempo, anche se appare chiaro l’omaggio ai villaggi minerari gallesi di due secoli fa. La storia comincia con un incontro fatale: Sheeta è perseguitata dal perfido Muska perché in possesso di un ciondolo che conduce alla mitica città fluttuante di Laputa; Pazu è un giovane minatore che si trasforma in eroe per salvare la ragazzina dalle grinfie dei malvagi guerrafondai.
Due anni più tardi, con Tonari no Totoro (Il vicino Totoro, 1988) Miyazaki si scopre artista incapace di rinunciare al minimalismo fantastico dei suoi lavori. Tokorozawa, quartiere poco fuori Tokyo e attuale residenza immersa nel verde del regista, diventa lo scenario più indicato per ambientare la storia in una calda estate degli anni ‘50. Mei e Satsuki sono due sorelline vivaci che si sono da poco trasferite col padre, il professor Kusakabe, in un villaggio di campagna. La madre è invece ricoverata in un ospedale non lontano e in sua assenza le bambine badano a tutte le faccende domestiche, aiutate da un nonnina. Per stuzzicare la loro curiosità l’anziana donna gli parla dei timidissimi folletti del bosco, conosciuti col nome di Totoro, che si lasciano vedere solo dai bambini. Mei e Satsuki non tarderanno a fare conoscenza con gli spiritelli, cambiando per sempre il loro modo di assaporare la vita. Dovendo dividere le sale con Una tomba per le lucciole di Isao Takahata per ragioni di distribuzione, Totoro non è di grande aiuto alle finanze dello Studio ma grazie a un plotone di tazze da tè, peluche, carte telefoniche, poster e libri illustrati conduce al traguardo quello sfruttamento studiato a tavolino per esso da Toshio Suzuki. In patria diventa subito il film più amato dai giapponesi dopo I sette samurai di Akira Kurosawa.
 
Acchiappare il successo al volo
Toccò a Kiki’s delivery service – Consegne a domicilio (1989) dimostrare che la strada era quella giusta. Miyazaki si era appassionato al romanzo Majo no takkyubin (Le veloci consegne della maghetta, 1985) di Eiko Kadono; lo colpì in particolare la caratterizzazione della protagonista dodicenne che gli ricordava con malinconia paterna la vita piena di incognite delle centinaia di giovani ragazze che lasciavano la provincia per affermarsi a Tokyo nel campo dell’animazione. La storia della maghetta Kiki, impegnata in un singolare praticantato nel mondo degli umani nell’immaginaria città di Koliko, sembra in tutto e per tutto un sincero omaggio al mondo dei giovani e un inno alle loro speranze. Il film è un nuovo capitolo nella storia artistica del regista e si trasforma in inaspettato successo commerciale.
Nell’estate del 1992 un uomo dall’aria pacifica ma col volto di maiale cambia per la seconda volta la vita di Miyazaki. Se pure il sospettoso Toshio Suzuki nutriva dei dubbi sul genere di film che andava producendo, Porco Rosso fu accolto con perplessità dallo stesso regista, ma riuscì straordinariamente a incantare il pubblico giapponese. Il film nasceva da un breve fumetto di Miyazaki ambientato nel 1928 sulla costa slava tra pirati del cielo e un melanconico pilota della Prima Guerra Mondiale di nome Marco Pagot (omaggio all’amico italiano di Sherlock Holmes) che per campare mette loro i bastoni fra le eliche, recuperando refurtive e liberando persone rapite. Nel bel mezzo di queste avventure è consentito pure un pizzico di romance perché la bella Gina, proprietaria dell’Hotel Adriano, è la sua più preziosa amica fin dall’infanzia. Se Porco non avesse il volto di un maiale (il mistero non viene chiarito) forse le cose seguirebbero un corso diverso tra i due, ma l’ostinazione di lui non demorde. A contrastare l’idillio arriva dall’America il tronfio pilota Donald Curtis deciso a sottrargli il primato nei cieli e il cuore della donna. Nella sua lunga carriera come animatore la passione per il volo e per ogni anticaglia bellica (aeroplani, tank, navi) si è spesso accesa di entusiasmo quando mescolata al vivace senso dello spettacolo sin qui architettato. E così è stato in Porco Rosso: travolgente nelle scene d’azione (quella tra i navigli di Milano è un assoluto capolavoro) e nella parata di comicità e ironia che ne fanno un caso unico nella storia della Japanimation. Ma il più inequivocabile esempio della sua bravura resta il finale del film: toccante e malinconico. Quasi viene voglia di paracadutarsi sull’isoletta di Gina…
 
Isao Takahata, disoccupato di talento?
Sebbene stipendiato dallo Studio Ghibli, dove si occupa del settore editoriale e di importanti iniziative cinematografiche (riportare sugli schermi nipponici pellicole della storia del cinema come La regina delle nevi di Lev Atamanov o i film dell’amico francese Michel Ocelot), l’ultimo Isao Takahata avvistato al cinema è stato il divertente Tonari no Yamada-kun (1999): film voluto da Toshio Suzuki e clamoroso flop al botteghino. Da allora del celebre regista di Heidi abbiamo visto un cortometraggio di pochi secondi inglobato nel film antologico Fuyu no hi (2003) diretto dal maestro Kihachiro Kawamoto. Da anni il regista nato nel 1935 annuncia nuovi progetti, sempre sotto la sigla Studio Ghibli; eppure ancora nessun titolo è stato ufficialmente depositato, nonostante Suzuki abbia a suo tempo annunciato che un lavoro è in procinto di partire nel corso del 2008. Si sa solo che lo stile sarà molto simile a quello impiegato in Yamada-kun, cioè colori pastello.
Di Takahata il pubblico ha imparato a conoscere e amare la maturità del linguaggio e la forza di storie meno commerciali rispetto ai film del collega Miyazaki. Apprezzato internazionalmente e riconoscibile a vista per i lavori televisivi degli anni ’70 (da Heidi a Marco, da Peline Story a Anna dai capelli rossi), il regista si è fatto un nome dirigendo anche film anticonformisti come Hols (1968) e pellicole chiuse in se stesse come Goshu il violoncellista (1982) e Jarinko Chie (1981). Dopo il bel documentario Yanagawa Horiwari Monogatari (1987), Takahata ha sorpreso tutti realizzando un film sulla guerra e sull’infanzia come Una tomba per le lucciole (1988), di cui quest’anno ricorre il ventennale. Ha raccontato la malinconia del passato e le avversità esistenziali nel bellissimo Omohide Poroporo (1991), uno dei suoi capolavori assoluti, e si è concesso una parentesi divertente ma socialmente impegnata con Pompoko (1994), uscito perfino nelle sale francesi grazie a Gaumont. Purtroppo solo l’Italia è il Paese a restare ancora orfano dei suoi più recenti lavori, al momento disponibili in dvd in Inghilterra e negli States.
Tra i tanti riconoscimenti al regista, il premio alla carriera ricevuto nell’ambito del festival “I castelli animati” (novembre 2005), mentre è ancora una volta la Francia a ospitarlo spessissimo per tavole rotonde sul cinema animato, rassegne e retrospettive.
 
Hols: © Toei Company, Ltd.
Il fiuto di Sherlock Holmes: © RAI - TMS
Nausicaa: © 1984 Nibariki/Tokuma Shoten/Hakuhodo
Laputa: © 1986 Nibariki/Tokuma Shoten
Totoro: © 1988 Nibariki/Tokuma Shoten
Una tomba per le lucciole: © 1988 Nosaka Akiyuki/Shinchosha
Kiki’s delivery service: © 1989 Kadono Eiko/Nibariki/Tokuma Shoten
Porco Rosso: © 1992 Nibariki/TNNG
 
 
 

 
 
On Air - scopri i programmi Yamato in TV

MAN-GA - SKY 149

L'Uomo Tigre

dal lunedě al venerdě dalle 23:15 in replica: da lun a ven 04:50 sab 06:00 - 06:25 - 06:55 - 02:30 - 03:00 dom 06:00 - 06:25 - 02:00 - 02:30 - 03:00 Man-ga's Collection: Giovedě dalle 10:10 (4 episodi)

MAN-GA - SKY 149

Dancouga - 1^TV

Attualmente non in programmazione

MAN-GA - SKY 149

Nadia - Il mistero della pietra azzurra

Dal lunedě al venerdě dalle 18:05 in replica: da lun a ven 01:35 - 03:55 - 06:55 sab 09:40 - 10:10 dom 09:15 - 09:40 - 10:10 Man-ga's Collection: Martedě dalle 10:10 (4 episodi)

MAN-GA - SKY 149

D'Artagnan e i Moschettieri del Re

Dal lunedě al venerdě dalle 17:40 in replica: dal lun al ven 01:05 - 06:25 - 12:00 sab 19:00 - 19:30 dom 18:35 - 19:00 - 19:30

MAN-GA - SKY 149

City Hunter - Serie tv

Dal lunedě al venerdě dalle 21:20 in replica: dal lun al ven 03:00 sab 14:20 - 14:50 - 15:20 dom 13:55 - 14:20

MAN-GA - SKY 149

Welcome to the NHK

Dal lunedě al venerdě dalle 21:50 in replica: da lun a ven 03:30 - 07:20 - 14:20 sab 20:00 - 20:25 - 20:55 dom 20:00 - 20:25

RAI 4 - DTT

Tokyo Magnitude 8.0

Attualmente non in programmazione

MAN-GA - SKY 149

Capeta

Dal lunedě al venerdě dalle 22:20 in replica: da lun a ven 09:40 - 17:10 sab 09:40 - 10:10 dom 09:15 - 09:40 - 10:10

MAN-GA - SKY 149

Maison Ikkoku - Cara dolce Kyoko

Dal lunedě al venerdě dalle 19:00 in replica: dal lun al ven 00:10 - 09:15 - 13:55 sab 08:45 - 09:15 dom 07:50 - 08:20 - 08:45

MAN-GA - SKY 149

Mimě e la nazionale di pallavolo

Dal lunedě al venerdě dalle 19:30 in replica: da lun a ven 22:45 - 13:00 sab 17:10 - 17:40 dom 15:45 - 16:15 - 16:40 Man-ga's Collection: Mecoledě dalle 10:10 (4 episodi)

MAN-GA - SKY 149

Ransie la strega

Dal lunedě al venerdě dalle 18:05 in replica: da lun a ven 00:40 - 03:55 - 06:55 sab 17:10 - 17:40 dom 15:45 - 16:15 - 16:40

 

About us - 2

 

Yamato S.r.l. Via L. Palazzi 5, 20124 Milano - P Iva 02150860969