Press - 1995

Lissone, capitale dei fumetti giapponesi

Tutto Città ‘95 
Guido Tiberga        

Tokyo, capitale dell'impero, formicaio umano dove il caos è perenne e gli abitanti si contano a milioni. Lissone, provincia di Milano, cittadina tranquilla piena di lombardi laboriosi e di gente con i piedi per terra. Due realtà agli antipodi nello spazio e nelle abitudini, ma avvicinate da una passione insospettabile: i fumetti e i cartoni animati. Sì, proprio quei giornaletti "pieni di sesso" e quei cartoon "disegnati dal computer, po-polati da orfani e robot assassini", per usare due luoghi comuni molto diffusi quanto sbagliati. Perché i cartoni giapponesi non sono affatto figli dell'elettronica, ma tutti rigorosamente "fatti a mano", e anche sulla violenza ci sarebbe da discutere. È vero che Goldrake non andava tanto per il sottile, tra "circuiti di mille valvole", "lame ro-tanti" e "alabarde spaziali". Ed è vero che oggi Ken il Guerriero fa addirittura esplodere i nemici ma, a ben guardare, la violenza non è mai gratuita ed è esercitata da personaggi positivi.
Quanto ai fumetti, il sesso, che ha provocato tante scandalizzate denunce, è limitato alle serie dichiaratamente erotiche e quindi destinate, nonostante i disegni apparentemente infantili, a un pubblico adulto. Cosa tutt'altro che strana, visto che a Tokyo si leggono più fumetti che libri: in tutto il Giappone lo scorso anno si sono venduti due miliardi di riviste a fumetti, che nessuno si sognerebbe mai di chiamare "giornalini", considerando che hanno le stesse dimensioni dei nostri elenchi telefonici. Questi volumoni di carta riciclata e colorata sono letteralmente divorati da giovani e adulti sulle metropolitane, nelle stazioni, ovunque ci sia da aspettare o da mettersi in coda. Ma lasciamo Tokyo e torniamo a Lissone.
Qui, quattro anni fa, è nata una casa editrice che dei cartoni giapponesi ha fatto la sua bandiera. La "Yamato", nome orientale ma di radici lombarde, manda in edicola due riviste di critica e informazione sull'animazione e sul fumetto orientali e pubblica, in videocassetta, avventure rese famose dalla televisione e inediti destinati a chi, cresciuto con "Heidi", "Remì" e "Mazinga", ha mantenuto nel tempo la sua passione. Ed è così che nomi come Haruhiko Mikimoto, Yoshikazu Yasuhiko, Akemi Takada, Rumiko Takanashi, Masakazu Katsura sono diventati noti anche da noi, almeno nella generazione che era bambina negli anni 70. “I giapponesi - spiega il trentacinquenne Luca Raffaelli, che nel suo libro Le anime disegnate spezza più di una lancia in favore dei cartoni orientali - sono stati i primi a capire che il prodotto televisivo era indirizzato a bambini che guardavano la tv da soli. Parlano di sport, di pallavolo, di tennis, di baseball. Raccontano la competizione, la fatica di arrivare alla meta correndo soli in un mondo adulto che non ricorda o non vuole ricordare quanto sia faticoso crescere. Gli stessi robot, che in realtà sono gigantesche armature “guidate” dagli uomini, non sono altro che gusci protettivi che permetterebbero anche ai bambini più fragili di affrontare i nemici più terribili...” Siamo passati dalle critiche più feroci alle celebrazioni. L'importazione di "anime" e "manga" (i giapponesi chiamano così i loro cartoni e i loro fumetti), impone di risolvere qualche problema tecnico: come libri e riviste, in Giappone anche i fumetti vengono sfogliati da destra verso sinistra, e il senso di lettura delle "nuvolette" va dall'alto verso il basso. Caralleristiche che creano qualche problemino in fase di traduzione: le tavole originali, infatti, vengono fotografate e riballate, con il risultalo di avere tutti i personaggi mancini.
Un effetto strano, che si ripete anche nei cartoni animati: l'occhio degli orientali "ragiona" in modo opposto rispetto al nostro. E così, nelle storie giapponesi, le cose più importanti avvengono tutte nella parte sinistra dello schermo, mentre per europei e americani le azioni terminano a destra. Alla "svolta" giapponese, Lissone ha contribuito non poco. E l'ideale gemellaggio con Tokyo è destinato a diventare sempre più stretto: «Da quest'anno - dicono alla "Yamato" - un accordo con la "Tezuka Productions" ci permette di presentare in Italia alcune delle più belle opere di Osamu Tezuka». Detto così sembra poco, ma Tezuka - morto nel 1989 - è per i giapponesi quello che Walt Disney rappresenta per il resto del mondo. Una delle sue storie più celebri, Jungle Taitei, racconta le avventure di Leo, un leoncino costretto dalla morte prematura del padre a diventare anzitempo "re della giungla". Se vi ricorda qualcosa, magari un cartone americano che ha battuto tutti i record lo scorso Natale, sappiate che Tezuka ha realizzato il suo film nel 1966.