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Press - 2009

I sopravvissuti - Quelli che restano

QUELLI CHE RESTANO

1975: scivola una provetta e l’umanità viene sterminata. Le vicende dei pochi rimasti sono raccontate in I sopravvissuti, cult sia in Gran Bretagna che in Italia. Tanto indimenticato che la BBC ne ha realizzato un remake, su Raitre dal 3 settembre. Di Andrea Fornasiero.

Un cinese dalle mani di pastafrolla scatena la fine del mondo. Ma a Terry Nation, il creatore di I sopravvissuti (disponibile in tre cofanetti di dvd, editi da Yamato Video – euro 47,99 cad.) non interessa raccontare l’ apocalisse quanto le difficoltà di chi è rimasto, l’ elaborazione di un lutto inimmaginabile, certo, ma anche questioni sociali, filosofiche e problemi di assoluta concretezza, come industriarsi per ricostruire la civiltà delle rovine. Infatti, quando Nation presentò alla radio la sua creatura (come dirà anche il guardiano del collegio nella prima puntata) chiese: chi di noi saprebbe fare una candela? Chi saprebbe trovare i materiali e lavorarli abbastanza da costruire una sega e poi tagliare un albero? Nella società moderna, dove la divisione del lavoro è iperspecializzata, la questione non è da poco, ed era particolarmente nell’ aria degli anni 60 e 70, quando molti gruppi cercavano di costruire comuni il più possibile autosufficienti. Del resto, anche la paura della fine del mondo era ben radicata nell’ era della Guerra fredda e del terrorismo, tanto che la Bbc se ne era già occupata in Doomwatch. Questa serie, trasmessa tra 1970 e 1972, racconta di un’ agenzia che difende il mondo da crisi potenzialmente devastanti della più varia natura, il tutto prodotto da Terence Dudley, che passò poi in I sopravvissuti a narrare cosa accade quando l’ emergenza non viene scongiurata. Se la convivenza difficile era un tema portante della serie, non era cosa da poco nemmeno sul set: Dudley e Nation avevano visioni piuttosto diverse. Il secondo pensava di legare gli episodi tramite la vicenda di Abby, donna benestante in cerca del figlio Peter, che prima dello scoppio dell’ epidemia si trovava in un collegio e ora potrebbe essere ovunque. Inoltre Nation, con pessimismo tipico del tempo e figlio della lunga scuola degli scrittori inglesi di distopie (da Orwell in giù), immaginava che avrebbe prevalso la legge della giungla e un regime paramilitare avrebbe finito per prendere il controllo di quel che restava del Regno Unito. Dudley invece era più interessato all’ aspetto della ricostruzione, al mostrare un’ umanità industriosa e capace anche di collaborare fino a una sorta di rinascimento agrario. Le due visioni, più che scontrarsi generando scintille creative, si diedero il cambio nel corso della prima stagione: le sei puntate iniziali sono incentrate sulla ricerca di Peter e introducono gli uomini di Wormley, un ex sindacalista intento a prendere con la forza il controllo delle risorse e delle scorte rimaste. Negli ultimi sette episodi della stagione il trio di protagonisti, composto, oltre che da Abby, dal solitario e indipendente Greg e dalla londinese Jenny, cessa di vagabondare e tenta una vita più stanziale, stabilendosi in un ampio maniero in rovina. In breve si forma una variegata comunità che comprende – finalmente – diverse classi sociali, dall’ anziana Emma allo straccione Tom Price, all’ hippie Paul fino all’ industriale Arthur, con tanto di segretaria al seguito. L’ episodio migliore di tutte e tre le stagioni appartiene alla gestione di Dudley ed è il nono, Una questione di coscienza, in cui la giovane Wendy viene uccisa e i sospetti ricadono su Barney, un ritardato che l comunità dovrà decidere se giustiziare o meno. La controversa puntata creò un certo disagio in diversi membri del cast, non ultima la protagonista Carolyn Seymour, che lascerà la serie alla fine della stagione insieme a Terry Nation. Dudley, ormai senza freni, virerà completamente verso l’ idea dell’ autofficenza agricola spostando l’ azione della seconda stagione nella fattoria di Whitecross, una mossa che gli portò ottimi ascolti ma anche ulteriori inimicizie con diversi autori e con l’ attore Ian McCulloch, irritato sia dalla concorrenza di un nuovo personaggio principale maschile – Charles, ripreso dalla prima stagione – sia dalla netta riduzione delle scene d’ azione. Il cambiamento fu drastico, buona parte del cast venne spazzato via con la scusa di un incendio e anche Chris Tranchell, il cui personaggio era sopravvissuto, decise di andarsene già al secondo episodio, scontento della nuova direzione della serie. McCulloch uscì di scena con il finale di stagione (per tornare solo occasionalmente sulle puntate successive) e lo sceneggiatore e regista Jack Ronder non contribuirà alla terza annata, impedendo di farlo anche alla figlia Tanya, che interpretava la piccola Lizze già dal quinto episodio. Con l’ ultima stagione i protagonisti sono Charles, in veste più attiva, la sempre presente Jenny e curiosamente Hubert, un personaggio secondario di Whitecross precedentemente tratteggiato come ignorante e meschino, quindi bisognoso di redenzione. I tre prenderanno a pellegrinare verso Nord in un mondo in crescente ricostruzione, in cerca di Greg e intenti a convincere le varie comunità a ripristinare il commercio e far ripartire le centrali idroelettriche. Nonostante il pessimismo non sia scomparso e siano ancora ben presenti malattie e morti violente (notevole in questo senso il quarto episodio La rabbia, tra i più movimentati della gestione Dudley con la doppia puntata Le luci di Londra della seconda stagione), la serie si chiude così con una nota di speranza. Gli ascolti calarono sensibilmente, ma Dudley aveva già orchestrato il racconto perché la terza fosse l’ ultima annata. Dopo essersene andato, nel 1976, Terry Nation pubblicò la novelization di I sopravvissuti ( che vide la luce editoriale anche in Italia), in cui gli eventi prendevano ben altro corso, con sviluppi che una produzione Bbc non avrebbe mai permesso. Infatti, nel romanzo, Abby e gli altri lasciavano l’ Inghilterra – caduta in preda a un regime paramilitare – per il Mediterraneo, e se lì c’ era la speranza di una rigenerazione della civiltà il destino di Abby (rimasto ignoto nella serie) si chiudeva invece in tragedia. I sopravvissuti, apprezzata da autori televisivi quali Joss Whedon e J. Michael Straczynski, rimase, nonostante gli alti e i bassi, come una serie ambiziosa e complessa, capace di reinventarsi di stagione in stagione e decisamente avanti sui tempi. Un importante pezzo di Storia della televisione.

Tratto da "TV FILM" (2009 anno 17 n. 34)
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