Andrea Fornasiero

FilmTv N.51 - dicembre 2008

 

Liberamente tratto dal celebre romanzo di Alexandre Dumas Padre, la serie animata Il conte di Montecristo di Mahiro Maeda è tra gli esiti più alti della recente animazione seriale giapponese. La vicenda è trasposta in un futuro remoto, tra la Luna, lo spazio, Parigi e Madrid, e il punto di vista non è quello del Conte, mai così mefistofelico, bensì quello del giovane Albert, il figlio di Mercedes. L’adattamento è comunque molto fedele e gli sviluppi che vengono riarrangiati hanno sempre una loro coerenza. Ciò detto, quel che impressiona è lo straordinario lavoro di resa grafica: Maeda non è nuovo a progetti avanguardistici, come ha dimostrato nel precedente Blue Submarine No. 6, ma se la fusione tra disegno e CGI era azzardata e spesso poco riuscita, qui non è avventato parlare di capolavoro. I personaggi vestono abiti da cui traspaiono motivi di sfondo dal carattere decorativo tra liberty e art déco, e il risultato è palesemente klimtiano eppure continuamente rivitalizzato da  originali accostamenti e da un uso molto marcato delle luci e dei diversi ambienti. Questo processo, difficile a descriversi a parole tanto è inedito, sfocia in un caleidoscopio cromatico che passa dai colori volutamente freddi e metallici degli elementi digitali a quelli a volte tenui a volte accesi, ma sempre espressivi, del disegno. La ricerca di estende alla costruzione di scenografie grandiose, intenzionalmente operistiche come è adatto al feuilleton, ma anche modellata su suggestioni di De Chirico e Dalì nell’arcano sotterraneo della magione di corte. C’è di che rimanere ipnotizzati, ed è rispettosa di tale qualità visiva l’edizione di Yamato, che dedica ogni disco a sue soli episodi per una resa cristallina