News - ottobre 2006

Maison Ikkoku & Lamù: Le ragioni di un successo

Se non ci fosse stata lei probabilmente le versioni animate di “Lamù” (Uruseiyatsura, 1980) e “Maison Ikkoku” (id., 1986) non sarebbero state le stesse. È tutto merito del suo genio umoristico, e non soltanto di quello, se autori e sceneggiatori televisivi sono riusciti a “giocare” con il materiale messo a disposizione dai suoi fumetti. Sapete bene di chi parliamo: Rumiko Takahashi, al secolo “la principessa dei manga”. Qualche tempo dopo aver firmato la regia di entrambi i serial (o meglio: parte di essi), Kazuo Yamazaki ad esempio ebbe a dire che avrebbe fatto carte false pur di dirigerli, soprattutto “Lamù”. Ognuno di essi infatti custodiva qualcosa che lo avrebbe aiutato a esprimersi artisticamente e ad aggiungere alle mirabolanti trovate della Takahashi parte di se stesso. Una circostanza elettiva che troverà nel film “Lamù – Forever” (1986) una conclusione perfetta e un contenitore di pensieri e riflessioni che, col senno di poi, Yamazaki rinnegherà. La maturità arriverà anche per lui. I due serial sono due perle rare nel mondo dell’animazione giapponese, in quanto eccezioni alla regola erano i fumetti disegnati dalla Takahashi. Nati nei primi anni ’80, periodo di stabilità economica, i suoi manga erano l’opera di una donna che si rivolgeva al pubblico di maschietti: “Lamù” veniva pubblicato sulle pagine di «Shonen Sunday», “Maison Ikkoku” su quelle di «Big Comic Spirits». Non erano commedie sentimentali nel vero senso della parola ma ci giocavano abilmente e di solito i critici le incamerano in quel genere chiamato “gyagu manga” (gag manga). Dopo tanti eroi maschili dediti anima e corpo allo sport e all’azione era insomma venuto il momento di rivolgersi all’altro sesso: la Takahashi contribuirà con i suoi fumetti a risultare la più simpatica e consentirà anche ad altre autrici di avventurarsi in questo genere. A fare ancora più grandi “Lamù” e “Maison Ikkoku” ci penserà la TV.

© Rumiko Takahashi/Shogakukan/Kitty Film/Fuji Tv